Stefano aveva 31 anni quando è stato fermato dai Carabinieri con pochi grammi di fumo.
Stefano è stato massacrato di botte già in caserma, arrestato e pestato a sangue ed è morto all’ospedale Sandro Pertini di Roma senza che nè i familiari nè l’avvocato potessero vederlo.
Stefano è morto di carcere, di autoritarismo, di “sicurezza”.
Un caso limite che ricorda storie sentite troppe volte in Italia, quelle di un apparato poliziesco incline all’uso della violenza in maniera sistematica: c’è un sottile filo rosso che unisce la storia di Stefano a quelle di Federico Aldrovandi, Marcello Lonzi o Aldo Bianzino ed è il rosso sangue dei tanti ragazzi che in questi anni si sono ritrovati arrestati e picchiati in maniera arbitraria.
La sicurezza tanto invocata da media e politici compiacenti non è per tutti in Italia ma anzi fa capolino – fra leggi speciali liberticide e atteggiamenti autoritari delle forze dell’ordine – come giustificazione al clima di ordine e disciplina che si respira in Italia.
Che ci sia un comportamento deviante in partenza delle Forze dell’Ordine e una gestione mediatica degli eventi parecchio “embedded” ci sembra un dato di fatto, proviamo questa sera a cercare di fare un po’ di chiarezza rispetto alla storia di Stefano.
Venerdì 18 giugno, alle ore 20:30 presso la Sala del Mutuo Soccorso, in via Zambonate 33 a Bergamo, interverranno:
* i genitori di Stefano Cucchi
* avv. Mirko Mazzali
* Enea Guarinoni, giornalista di Radio Popolare
* intervento telefonico dell’avv. Fabio Anselmo, legale delle famiglie Cucchi, Uva e Aldrovandi
PER INFO VAI SU:
http://www.pacipaciana.org/2010/06/14/non-mi-uccise-la-morte-incontro-con-i-genitori-di-stefano-cucchi/