Intervista rilasciata al Manifesto:

Intervista rilasciata al Manifesto da uno dei compagni colpiti dalle misure cautelari emesse dalla  procura di Torino nel quadro dell’inchiesta sui fatti del G8 dell’Univesità del 19 Maggio 2009: 
 
E’ latitante nel paese degli ayatollah. Omid Firouzi, 28enne d’origine
persiana e dottore di ricerca all’università di Padova, è tra i 21
arresti richiesti dalla Procura di Torino. Ma da un mese in Iran «per
motivi familiari». «La Procura ha messo in piedi un teorema assurdo –
dice – La democrazia in Italia è solo formale».
 
Come hai saputo della notizia?
Da un sito on line. Non temevo conseguenze legali per le mobilitazioni
dell’Onda perché sono impossibili da criminalizzare. Abbiamo sempre agito
a viso scoperto, chiesto le dovute autorizzazioni e fatto politica alla
luce del sole. Anche a Torino abbiamo solo reagito agli attacchi della
celere.
 
Tra pochi giorni il G8, credi che siano arresti a orologeria?
Penso ci sia un altro elemento su cui riflettere. Ci sono tre terreni su
cui il Governo ha deciso di reprimere ogni forma di dissenso: precarietà,
istruzione e immigrazione. Di fronte all’emergere di alcune contraddizioni
e domande sociali, l’unica risposta che viene dall’alto sono politiche di
criminalizzazione. Prima si sono rese illegali le forme di sciopero poi
introduzione del reato di clandestinità, ora gli arresti per chi difende
l’università pubblica e la ricerca libera.
 
Caselli dice che gli arresti sono per tutelare l’Onda, facendo una
divisione tra buoni e cattivi. Che ne pensi?

Tattica vecchia. L’Onda è una rete, un’esperienza trasversale tra realtà
diverse. Lo dimostra l’incredibile reazione alla notizia degli arresti: le
mobilitazioni sono ovunque. Poi, certo, all’interno ci sono discussioni
sulle strategie e modi di stare in piazza ma ognuno rispetta le pratiche
adottate dall’altro. Anche a Torino nessuno si è dissociato sugli scontri
o sulle altre forme più radicali.
 
Ora sei in Iran, dove stai assistendo alle forti repressioni del movimento
studentesco in lotta contro il regime. Ma paradossalmente ti aspetta
l’arresto in Italia…

Ho visto da spettatore le mobilitazioni in un Paese che non si definisce
democrazia completa. E, per alcuni aspetti, vedo delle similitudini con
l’Italia. Nelle scuole mi hanno insegnato che la libertà di pensiero e il
dissenso sono il sale della democrazia. E che i governi devono tener conto
delle domande sociali e politiche. Anche se minoritarie. Invece di fronte
alle legittime rivendicazioni dell’Onda, da Settembre ad oggi, le uniche
risposte sono state denunce dei presidi, cariche e arresti. Altro che
democrazia.
 
Che farai adesso? In Italia ti aspetta la prigione.
Sono totalmente sereno. Avevo in programma di stare in Iran ancora un
periodo e ci rimarrò. Poi tornerò a Padova, per portare avanti gli studi
di ricerca e per continuare, come faccio da 12 anni, il mio percorso
politico senza paura. Prendendomi le mie responsabilità.
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