Lampedusa secondo atto
Qui a Lampedusa l’impressione è immediata anche per chi è appena arrivato.
Non c’è bisogno di essere un “addetto ai lavori” per capirlo perchè lo percepisci nell’aria, lo senti respirando a pieni polmoni l’odore che porta il vento e guardando ad occhi spalancati ciò che ti si para davanti. È odore di repressione e ha l’immagine del controllo.
C’è stata una prima fase a Lampedusa. Ora è finita.
Le televisioni e i giornali hanno parlato per giorni di barconi stracarichi, navi affondate e corpi annegati che venivano contati solo per fare statistiche. Ci hanno mostrato e raccontato “l’emergenza Lampedusa”, ovvero l’emergenza loro, dei media, delle istituzioni, dell’incapacità di far fronte ai bisogni e diritti delle persone che rischiando la vita attraversavano il mare. Hanno soffiato sul fuoco delle paure ignoranti della gente, l’invasione barbarica che tutto avrebbe dovuto saccheggiare e distruggere. Hanno gridato allo scandalo per le fughe e le rivolte, applaudito il sommo venditore di bluff per le promesse di rito farcite di barzellette, populismo e intolleranza, hanno finto un lieve imbarazzo per le sortite più belligeranti dei verdi incamiciati che abbaiavano di armi da usare e abbozzato senza crederci un muso duro nei confronti dei partner europei di parere diverso.
Poi, come d’incanto, si cambia registro. Chi dice il mare grosso, che sconsiglia di partire, chi gli accordi internazionali, chi complice o stupido abbassa la voce, lo sguardo e l’attenzione, sta di fatto che ora qui sembra che tutto sia diverso. Sembra. Perchè non è così.
Siamo alla fase “alza il tappeto e butta sotto la monnezza”. Del resto s’è già visto come funziona bene, no?
Migranti ce ne sono ancora sull’isola. Certo ne arrivano meno ma ne continuano ad arrivare. Ne arrivano meno per questioni di mare, ovviamente, ma non solo nel senso delle alte onde che sconsigliano di mettersi in moto. Stiamo parlando anche di un’altra cosa. Fino a poco tempo fa le navi a largo di Lampedusa venivano “caricate e traghettate in porto”. Ora molto meno. A volte vengono respinte direttamente indietro, a volte lasciate andare sperando che colino a picco. A volte avviene, non sempre lo si viene a sapere. Poi ci sono i rimpatri. Illegali, in quanto fatti di massa e quindi comunque non conformi alla legge. Ma che hanno il duplice effetto di scoraggiare un po’ le partenze e diminuire il quantitativo di presenze. E poi c’è lo smistamento sul continente. Il risultato è aver di fatto creato una situazione in cui il fenomeno c’è ancora, il problema anche ma non la sua manifestazione visibile o emblematica.
Quindi qui di fatto stanno procedendo diversamente da prima. Ora è venuto il momento di “occultare” la questione – l’aver gridato all’emergenza per settimane ha ottenuto l’effetto necessario, ovvero poter prendere qualsivoglia provvedimento sui migranti arrivati e in arrivo con il “consenso” dell’opinione pubblica – e di procedere quindi a “silenziare” i possibili elementi che si ostinano a metterla invece in evidenza. Che, badiamo bene, non sono movimenti radicali e di massa ma piccole, democratiche forme di garanzia e monitoraggio. Qualcosa quindi che ha molto a che fare con il rispetto dei diritti costituzionali e non certo con il sovvertimento dell’ordine pubblico. Ma, secondo le migliori tradizioni locali, è invece in questi termini che le forze di polizia se ne occupano. Del resto ieri sera, a cena con alcuni giornalisti, il vice capo della polizia locale senza tanti giri di parole affermava tranquillamente che lui se ne frega tranquillamente di dire le cose come stanno ai migranti, che del resto “se gli diciamo che le navi vanno in Italia ci salgono tranquillamente, mentre…” mentre se invece la loro destinazione è Tunisi no, quindi perchè informarli di come stanno le cose? Non gli si dice nulla e via andare, l’ordine pubblico è preservato!
Così come si sta procedendo a far sentire il fiato sul collo alle persone, isolane e non, che si occupano dei diritti dei migranti, di fatto violando anche i loro diritti: a circolare liberamente, a rivolgere la parola a chi vogliono, a documentare ciò che vedono pubblicamente sotto i loro occhi.
L’isola è a posto, regna la calma, non ci sono più tunisini per strada e nessuno ha nulla da ridire…però nel frattempo, nel dubbio, anche al parroco è stato impedito da ieri di entrare al centro di raccolta e detenzione più grosso al quale accedeva sino a prima. L’ha denunciato stamattina durante l’omelia. Che, com’è noto, è da sempre ambito di sovversione pericolosa. E da oggi un’altra voce scomoda è messa a tacere.
di Francesco Franz Purpura