ULTIM’ORA DA RADIO KARIMA IN TUNISIA: 50 MANIFESTANTI UCCISI DALLA POLIZA
Tratto da Liberation
La rivolta e il suicidio sono diventate le modalità preferite di espressione del disagio del Maghreb.
Da tre settimane, la Tunisia è di fronte ad una agitazione multiforme, iniziata con un gesto di rabbia e disperazione di un giovane laureato disoccupato, che si è dato fuoco in Sidi Bouzid, e ora colpisce l’intero paese e diversi settori della società: avvocati, studenti, che sono insorti venerdì a Tala (Ovest) e Regueb (al centro), dove sono rimasti feriti cinque manifestanti.
In Algeria, è stato un brusco aumento dei prezzi di numerosi prodotti di base che ha gettato i giovani per le strade a partire dall’inizio della settimana. Dopo una pausa di metà mattina, gli scontri sono ripresi nel pomeriggio di venerdì ad Algeri, Orano (ovest) e Annaba (est), costringendo il governo ad una riunione d’emergenza sabato per discutere i modi per frenare l’inflazione.
1983 in Tunisia, Algeria, 1988: la rivolta del pane ha destabilizzato i poteri costituiti, con la conseguenza in Tunisia, di un “colpo di stato sanitario” di Ben Ali contro Bourguiba, quattro anni più tardi, e in Algeria con una democratizzazione incontrollata, che ha guidato gli islamici del FIS alle porte del potere e il paese alla guerra civile. Queste due nazioni, le cui dimensioni, storia ed economie non sono paragonabili, hanno però due punti in comune: dei sistemi politici autoritari e sclerotici e una gioventù sovrabbondante e senza speranza. È anche il caso del Marocco e l’Egitto ed anche lì esplosioni sociali simili sono del tutto possibili, anzi probabili. Paralizzate, l’Europa e la Francia, sono rimaste praticamente in silenzio fin dall’inizio di questa crisi. Solo gli Stati Uniti hanno convocato venerdì, l’ambasciatore tunisino per esprimere la loro “preoccupazione” e chiedere che sia rispettata “libertà di riunione”.
Le ragioni della collera
In Tunisia, è il gesto di Mohamed Bouazizi che ha dato fuoco alle polveri. Questo laureato disoccupato di 26 anni, la cui famiglia è strangolata dai debiti, si è dato fuoco il 17 dicembre, davanti alla Prefettura di Sidi Bouzid, dopo la confisca dei beni che vendeva illegalmente. Gravemente ustionato, è morto il martedì dopo.
Disoccupazione, mancanza di prospettive future, disprezzo delle autorità che si sono rifiutate di riceverlo: il caso Bouazizi ha colpito gli abitanti di Sidi Bouzid ed si è allargato al resto del paese. La violenza della repressione poliziesca ha alimentato la rabbia dei giovani: una settimana dopo, la polizia ha ucciso due manifestanti a Menzel Bouzaiane (nel centro del paese). Gli avvocati che hanno voluto mostrare la loro solidarietà, sono stati violentemente picchiati il 28 dicembre. Di qui lo sciopero generale della categoria che si è svolto giovedì scorso. Da una settimana, sono in gran parte gli studenti che mantengono la fiamma della protesta.
In Algeria, un forte aumento dei prezzi dei beni essenziali (23% per i prodotti dello zucchero, il 13% per i semi oleosi, il 58% per le sardine) ha provocato tensioni a Orano, Algeri e in Cabilia. Il rituale della rivolta sociale in Algeria non è nuovo, ma ciò che è nuovo è la simultaneità e la portata dei disordini.
Chi si sta rivoltando?
In Algeria, come altrove nel Maghreb, sono i cosiddetti “laureati senza lavoro”. In Tunisia, il tasso di disoccupazione dei laureati, ufficialmente al 23,4%, sta sfiorando di fatto il 35%. In Algeria, lo stesso indicatore tocca oltre il 20% dei laureati, molto lontano dal dato ufficiale del 10%. In Marocco, dove è istituzionalizzato il movimento dei laureati disoccupati da più di un decennio, sei di loro hanno tentato di immolarsi di fronte al Ministero del Lavoro, a Rabat, nei giorni che seguirono il caso di Sidi Bouzid. L’effetto specchio e contagio è facilitato da Al-Jazeera, il canale arabo di informazione che ha soppiantato i canali francesi.
Tra studenti tunisini, motore dlla protesta, e il giovane povero di Algeri che attacca una gioielleria del lusso a El-Biar, in realtà sono tutti i giovani che sono in subbuglio. Non sorprende in paesi in cui i giovani di 20 anni rappresentano quasi il 50% della popolazione, e sono governati (con l’eccezione del Marocco) da uomini nati tra le due guerre.
Inoltre in Tunisia, la rivolta si è allargato a settori come gli avvocati, in nome delle libertà civili. E’ ‘in questo paese che la libertà di espressione è stato continuamente repressa portando alla sensazione di soffocamento di tutta la società.
Regimi autoritari e corrotti
Il prodotto interno lordo algerino è triplicato negli ultimi dieci anni. Risultato: nel 2005, l’Algeria, ha superato la Tunisia recuperando terreno in termini di PIL pro capite, superando di gran lunga anche il vicino Marocco. Ma la fortuna di questa performance si racchiude in una unica parola: petrolio. In una dimensione di limite nello sviluppo economico: infatti, quando un paese vive di petrolio e gas non necessariamente cerca di sviluppare la sua base industriale. “E questo è esattamente ciò che è accaduto in Algeria, – dice mantenendo l’anonimato una universitaria – se i disordini si spiegano con prezzi più elevati delle materie prime alimentari di base, il malessere della nostra società ha radici molto più profonde”. Infatti, il governo algerino ha condotto tra il 1992-1999 una “guerra sporca ” per sradicare l’islam, in cui sono morte tra le 100 000 e le 200 000 persone. Ma la fine degli anni di piombo non si è accompagnata da una apertura politica, al contrario, le elezioni sono truccate come sempre, le strada sono gestite con il pugno di ferro e gli islamisti – che hanno lasciato l’arena politica – sono liberi di dettare le loro opinioni nella società. Nel frattempo, il potere e la ricchezza nazionale sono confiscati da una cricca politico-militare che gestisce il paese, come rivelato dallo scandalo di Sonatrach, scoppiata un anno fa e che ha portato alle dimissioni del ministro Petrolio, vicino a Bouteflika.
In Tunisia, le prodezze e l’avidità della famiglia Ben Ali fanno la delizia delle dei telegrammi degli Stati Uniti – che parlano di un “quasi stato-mafia – come rivelato da Wikileaks. Utto questo fa certo meno ridere i tunisini che toccano con mano quotidianamente i limiti del “miracolo”, decantato dai media ufficiali. La stampa indipendente non esiste più, i partiti di opposizione sono stati ridotti a club privati che passano il loro tempo a cercare di incontrarsi. Ormai l’unico spazio di libertà è Internet: la mobilitazione degli studenti passa attraverso Facebook, ed è nel web che la “cyberguérilla” – condotto da un gruppo chiamato Anonimo – attacca i siti della pubblica amministrazione. Per questo la repressione ha colpito i blogger (compresi Amamou Slim e El Aziz Amami), a partire da giovedì.
Anche il Marocco, paese in cui le libertà sono le più ampie del Nord Africa e in cui il potere ha un collegamento più o meno concreto con la realtà, sta subendo una regressione democratica. La vita politica è gestita dal palazzo, che controlla anche la maggior parte del settore privato.
Poteri senza progetto
In Algeria, il dopo il petrolio si fa ancora aspettare. Temendo che gli investitori stranieri facciano man bassa dell’economia locale, Algeri da giorno alla notte ha promulgato una nuova legge che vieta a qualsiasi straniero di possedere più del 49% di una società locale. “I poco tempo abbiamo visto un crollo degli investimenti stranieri, come se improvvisamente tutti temessero un ritorno ad una economia totalmente gestita cntralmente” – dice l’universitaria algerina.
La Tunisia, soffre di un eccesso di manodopera qualificata, che chiede solo una cosa: un lavoro adeguato alla sua formazione, ache se sottopagato. La Tunisia certamente è riuscita a sviluppare settori come il turismo, il tessile e l’abbigliamento. Ma questa strategia avviata nel corso degli anni 70 è in un vicolo cieco. Essa mostra anche le difficoltà reali del paese nel rompere la sua dipendenza dalle commesse europee.
In tutti e due i paesi la situazione economica si sta deteriorando e penalizza unagioventù che è sempre più ribelle all’autoritarismo dei poteri dominanti.
Articoli di Infoaut:
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Articoli di GlobalProject:
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Articoli di UniRiot: [1]
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