Le rivolte, i riot, le esplosioni di rabbia incontrollata nascono spesso in seguito a fatti ed eventi drammatici, imprevedibili, inconcepibili. La morte di un giovane ragazzo è sicuramente un evento di questo tipo. Le rivolte e le esplosioni di rabbia, proprio in quanto tali, non sempre si indirizzano in modo comprensibile, verso obbiettivi condivisibili, in modo pacato, ragionato e coerente. Altrimenti dovremmo parlare di protesta, rimostranza, denuncia e non di “esplosione di rabbia” o di “rivolta”.Quanto successo in via Padova lo rende evidente.
Prendersela con chi, dopo la morte di un proprio amico, parente, fratello, esplode rabbiosamente in modo indiscriminato e irrazionale è stupido e deleterio quanto prendersela con un ragazzo per uno sguardo male interpretato o un piede involontariamente pestato.
A chi ci chiede da che parte stiamo diciamo chiaramente che ci schieriamo senz’ombra di dubbio dalla parte di chi crede che questa città vada cambiata, che i suoi quartieri degradati, privi di risorse e opportunità, debbano essere riqualificati all’insegna della partecipazione e della solidarietà. E se questa parte è oggi apparentemente invisibile, confusa, disorganizzata, a volte addirittura incoerentemente collocata e inconsapevole vuol semplicemente dire che c’è ancora molto da fare e che a maggior ragione le scorciatoie e le semplificazioni sono inutili e inapplicabili.
É una parte che, siamo certi, già oggi parla (e in futuro sempre più parlerà) milanese come arabo, rumeno o cingalese e avrà volti di colori assai diversi…
Da MilanoX:
Milano: è rivolta. In seguito all’ omicidio di un ragazzo nord africano, dilagano rabbia e odio in via Padova.
Arriviamo sul posto poco dopo lo scoppio della ribellione per l’omicidio a coltellate di un diciannovenne egiziano, Hamed Mamoud El Fayed Adou, a opera di un gruppo di sudamericani incontrati sull’autobus. Lo scenario che ci troviamo davanti è davvero sconvolgente. Macchine rovesciate, cartelli stradali divelti, vetrine in frantumi e gruppi di 30 persone che girano con pali in mano, sassi e bastoni, come se aspettassero il momento migliore per ricominciare la rivolta. Inizialmente se la prendono con i negozi dei sudamericani in particolare, ma dopo poco la rabbia dilaga, e se la prendono con tutto e tutti.
Decidiamo di stare li, è il nostro quartiere, alcuni di noi ci sono
cresciuti e vogliamo vedere cosa succede. Il cellulare squilla continuamente, ”Attenzione che sui giornali dicono che se la prendono anche con italiani”, ci guardiamo intorno ma devo dire che nessuno ci sta guardando male, anzi…
Continuiamo a girare per le vie intorno al casoretto, a via leoncavallo, via padova, la polizia non capisce bene cosa fare, si spostano continuamente da un posto all’altro senza riuscire a
controllare la situazione.
Ecco che si muovono, sirene spiegate
con già caschi in testa, ma
quando arrivano non c’è piu nessuno, si vede solo in lontananza qualcuno
che si dilegua, la polizia cammina in mezzo a macchine rovesciate e
fioriere spaccate. I gruppi dopo essersi frammentati si ricompattano
poco più distanti e ricominciano a rovesciare macchine, sradicare
cartelli stradali e raccogliere pietre. Ad un certo punto si ha la netta
sensazione che la rabbia contro i sudamericani si sia trasformata in
rabbia contro simboli istituzionali e contro la polizia. Inizia un
assalto contro il consolato egiziano, la polizia è nel panico totale e
non riesce a intervenire.
Qui ci rendiamo conto che in realtà
quello che sta succedendo è un
qualcosa di annunciato da anni. Sono decine e decine i ragazzi che si
uniscono alle bande che girano con sassi e bastoni, si distrugge e si
rovescia tutto quello che si trova in giro a portata di tiro.
Dopo
un po’ tutti si dirigono in fondo a via Padova dopo il ponte
della ferrovia, dove è stato ammazzato il ragazzo. Chiediamo il perché e
ci rispondono, molto pacatamente: ”E’ l’ora della preghiera, dobbiamo
vegliare sul nostro fratello”. Vediamo le camionette della polizia che
arrivano di corsa, i celerini che scendono e corrono in mezzo alle
macchine, ma quando arrivano nei pressi della preghiera si fermano e si
mantengono a timoros a distanza.
classica dinamica vista altre volte:
gruppi di cittadini italiani che ai margini della strada commentano
l’accaduto, e ne sentiamo di ogni: ”italia agli italiani, animali, a
casa, tornate a casa, siete delle bestie”. Sembra di essere a Rosarno e
per un momento ci scorrono nella mente le orrende immagini dei
rispettaibli cittadini di Rosarno che incitavano all’odio razziale. Ma
invece siamo in via Leoncavallo, a 10 minuti di motorino da piazza
Duomo. Siamo a Milano, la vetrina d’Italia che ospiterà Expo 2015.